Asparagi

Asparagi

Prelibato ortaggio primaverile, rinomato ingrediente per piatti di alta classe, gustoso anche nelle portate più semplici ma, soprattutto, salutare!

Storia e provenienza

L’asparago – o asparagio – (dal greco aspharagos e dal persiano asparag, ossia germoglio) appartiene alla famiglia delle Liliaceae (come anche aglio, cipolla, porro, ecc.) ed al genere Asparagus. Le varietà più note sono  Asparagus officinalis L.  o asparago coltivato, e Asparagus acutifolius, o asparago selvatico, noto anche come asparagina, che si può trovare nel periodo primaverile sul limitare dei boschi e tra i cespugli di macchia mediterranea . Gli asparagi sono una delle verdure più antiche nell’uso, inizialmente coltivati a scopo officinale, più per le proprietà benefiche che per il consumo in cucina: venivano usati come rimedio per l’intestino irritabile e contro la ritenzione idrica.

Sono originari delle zone costiere del Mediterraneo orientale e dell’Asia Minore e venivano coltivati ed usati dagli Egizi oltre 2000 anni fa; sembra che i Greci non ne fossero estimatori, al contrario dei Romani che ne curavano minuziosamente la coltura: addirittura, pare che gli asparagi piacessero così tanto agli imperatori romani  da far costruire delle navi apposite per andarli a raccogliere, navi che avevano come denominazione proprio quella dell’asparago (“asparagus”). Oggi gli asparagi sono coltivati in Europa, Stati Uniti, Cina, Australia e Perù e si trovano sul mercato da marzo a giugno, mentre quelli selvatici soltanto nel periodo da aprile a maggio.

Proprietà nutrizionali

Asparagi nel vasoGli asparagi sono una fonte eccezionale di vitamine K, B9 (acido folico), B2 (riboflavina), C ed E e di selenio. Sono una buona fonte di fibra, manganese, fosforo, vitamina B3 (niacina), potassio, colina (detta anche vitamina B7), vitamina A, zinco, ferro, vitamina B6 (piridossina) e B12 (cobalamina). Inoltre, sono una fonte di magnesio e calcio, mentre il contenuto di sodio è bassissimo.

Per il 90 % sono costituiti da acqua ed hanno perciò un valore calorico molto basso (25 kcal/100 g); contengono circa 3 g di proteine e 3 g di carboidrati ogni 100 g e sono quasi privi di grassi.  Uno degli aminoacidi presenti in abbondanza –  e proprio a ciò deve il suo nome – è l’asparagina, che serve per la sintesi proteica.

Grazie all’abbondanza di alcuni sali minerali (potassio in particolare), gli asparagi sono un eccellente diuretico che stimola la filtrazione renale. Per lo stesso motivo, invece, quanti soffrono di nefropatia da IgA (malattia di Berger), se hanno alti livelli di potassio, li dovrebbero escludere dalla propria alimentazione.

Gli asparagi contengono le purine, un gruppo di sostanze organiche azotate presenti in tutte le cellule viventi  (le purine più note, in quanto basi azotate di DNA e RNA, sono l’adenina e la guanina). Le persone con problemi di salute legati alle purine, potrebbero avere disturbi causati dall’eccessivo consumo di queste sostanze. Degradandosi, le purine possono essere trasformate in acido urico: pertanto, un eccessivo consumo di purine può portare ad un eccessivo accumulo di acido urico. Questo è un indicatore molto importante che va tenuto sotto controllo da chi soffre di gotta o è soggetto alla formazione di calcoli renali: con questo tipo di disturbi, si dovrebbe evitare il consumo di asparagi.

Proprietà funzionali

Attività antinfiammatoria ed antiossidante

Asparago selvatico

Asparagi selvatici si trovano tra aprile e maggio sul limitare dei boschi e tra i cespugli di macchia mediterranea

Negli asparagi sono presenti vari principi biologicamente attivi, dotati di potere antinfiammatorio e/o antiossidante. Ultimamente la ricerca si è concentrata sui saponini e si è scoperta la loro attitudine nel ridurre le infiammazioni e nel prevenire i tumori. A questi principi, inoltre, si attribuiscono anche altre proprietà benefiche per la salute: la regolazione della pressione sanguigna e dei livelli di zucchero nel sangue nonché il controllo dei livelli di grassi nel sangue.

I flavonoidi (classe dei polifenoli) presenti negli asparagi, quali quercetina, rutina, camferolo e isoramnetina, possono presentare sia proprietà antifiammatorie, sia antiossidanti. Altri principi che godono di proprietà antiossidanti e rappresentano anche dei nutrienti sono: vitamina C, beta-carotene (precursore della vitamina A), vitamina E, zinco, manganese e selenio. Gli asparagi contengono anche glutatione, forte antiossidante, il più importante che l’organismo umano sia in grado di produrre. Grazie alla nutrita presenza di varie sostanze con attività antiossidante, gli asparagi si trovano in alto nella lista di verdure dotate di tali proprietà, insieme alle crucifere (cavoli, cavolfiori) ed alle verdure a foglia verde.

In genere, l’attività antinfiammatoria e quella antiossidante sono strettamente collegate al ridotto rischio di insorgenza di tumore: gli asparagi hanno un grosso potenziale in tal senso ed è stato dimostrato che questo ortaggio ed il suo estratto possono modificare l’attività metabolica di alcuni tipi di cellule tumorali. Le cellule più studiate in proposito sono quelle epatiche, ma sono necessarie ancora altre ricerche prima di arrivare a conclusioni definitive.

Alleato dell’apparato digerente   

Un altro principio biologicamente attivo presente negli asparagi è l’inulina. Abbiamo già scritto diffusamente delle proprietà dell’inulina, ma riassumiamo brevemente i suoi benefici: si tratta di una fibra solubile con proprietà prebiotiche (ossia aiuta la crescita di probiotici), che non viene digerita nel tratto digestive umano e quindi arriva intatta nell’intestino, dove viene utilizzata selettivamente dalla benefica microflora intestinale  (probiotici, tra cui i più noti sono: Bifidobatteri e Lattobacilli). I vantaggi per il nostro corpo, provenienti dalla proliferazione di batteri probiotici, sono un migliore assorbimento dei nutrienti, un ridotto rischio di allergie e di tumore al colon.

Inoltre, l’inulina può migliorare l’assorbimento di sali minerali (calcio, magnesio ed in alcuni casi anche di fosforo) e di alcuni elementi in traccia essenziali (rame, ferro, zinco), abbassare il livello di colesterolo e trigliceridi ed avere un effetto lassativo.

Gli asparagi sono ricchi anche di un altro tipo di fibra, insolubile, e di proteine: fibre e proteine aiutano a stabilizzare la digestione, facendo muovere il cibo nel tratto digestivo ad una velocità ottimale (i grassi rallentano la velocità con cui si muove il cibo, mentre gli zuccheri la possono aumentare).

Curiosità e consigli

Forte odore conferito alle urine

Conseguente al consumo di asparagi è spesso un forte ed intenso odore delle urine, che si presenta in due casi su tre, anche se non tutti sono in grado di percepirlo. Questo fenomeno è dovuto alla presenza di più di 20 molecole sulfuree provenienti dalla degradazione di composti presenti negli asparagi (in particolare le proteine). Tuttavia il consumo di asparagi e la presenza dei metaboliti derivati nelle urine non sono nocivi per la salute.

Come conservarli

Gli asparagi hanno una velocità di respirazione (ossia: attività metabolica post-raccolta) molto alta in comparazione ad altri ortaggi e di conseguenza si seccano ed induriscono velocemente. Perciò sarebbe bene avvolgerli nella carta o in un pezzo di stoffa umida e conservarli in frigo, in ogni caso non oltre le 48 ore. Un metodo da noi sperimentato, per il momento solo con gli asparagi selvatici, è lasciarli a temperatura ambiente in un vaso colmo d’acqua, immergendo però soltanto la parte inferiore (circa 7-8 cm). Anche in questo caso consigliamo di conservarli al massimo per uno o due giorni. 

Le nostre proposte gastronomiche

Asparagi selvatici e uova sode

Asparagi selvatici con uova sode, olio EVO e aceto di mele

Oltre che nella preparazione di sughi per condire la pasta ed il riso o come base per la frittata,  provate a gustarli come contorno, lessati e conditi con un filo d’olio extra vergine di oliva. Quelli selvatici si prestano molto bene, dopo una sbollentata di 5-10 min, per preparare un’appetitosa insalata con uova sode tagliate a rondelle, condita con dell’olio extra vergine di oliva ed un cucchiaio di aceto di mele.

REFERENZE:

https://it.wikipedia.org/wiki/Asparagus_officinalis

natureword.com
igancure.com

whfoods.org

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https://it.wikipedia.org/wiki/Glutatione

 


Lupini

Il lupino

Il legume “dimenticato” che, grazie alle sue importanti proprietà benefiche per la salute, si sta guadagnando il titolo di “super legume”!

Chi di voi non ha mai mangiato dei semi di lupino in accompagnamento ad un drink durante l’aperitivo? Ma sono sicuramente in pochi ad usare il lupino abitualmente come un vero e proprio alimento. “Perché dovremmo?” – vi chiederete. Proveremo a darvi la risposta e speriamo di persuadervi a mangiare più spesso questo alimento – legume, per la precisione – con importanti proprietà benefiche per la salute, grazie alle quali si sta guadagnano il titolo di “super legume”.

Pianta di lupino

Fiori e foglie di Lupinus sp. (fonte: Wikipedia)

Il lupino è un legume proveniente dal bacino del Mediterraneo, dall’Africa orientale e dalle Americhe, dove veniva coltivato già oltre 4.000 anni fa. Oggi, invece, si coltiva in Australia, Europa e Sud America a fini alimentari, tanto per l’alimentazione umana quanto per quella animale, e viene anche utilizzato come sovescio (coltura che arricchisce il terreno di preziosi elementi, i quali vengono sintetizzati dai batteri azotofissatori presenti sulle radici della pianta di lupino). Oltre ai semi, il lupino può essere consumato anche in forma di farina, ottenuta dalla macinazione dei semi secchi.

Proprietà nutrizionali

Dal punto di vista nutrizionale il lupino si distingue per il suo altissimo contenuto di proteine e di fibre solubili e insolubili, e per un basso contenuto di carboidrati e grassi. La farina di lupino contiene almeno il 40% di proteine, il 31% di fibre, il 10% di zuccheri, il 10% di grassi e diversi micronutrienti. I grassi contenuti nei semi di lupino sono per lo più grassi “buoni”, con il 67% di acidi grassi monoinsaturi ed il 19% di polinsaturi, e soltanto un 14% di acidi grassi saturi. I semi di lupino sono una buona fonte di tiamina (vitamina B1) e acido folico (vitamina B9), come anche di alcuni sali minerali, specialmente manganese, rame, magnesio, fosforo, zinco e potassio.

Il lupino è un allergene e pertanto sarebbe bene accertarsi di non essere allergici a questo legume prima di consumarlo: ciò vale in particolare per quanti soffrano già di allergia ad un altro legume o alle arachidi. Alcune varietà di semi di lupino possono contenere alcaloidi potenzialmente velenosi e responsabili del sapore amaro, ma tali composti vengono eliminati durante la cottura o tostatura in quanto termolabili; in più, nelle varietà moderne (lupino dolce) il contenuto di alcaloidi è stato ridotto a livelli molto bassi tramite tecniche di incrocio convenzionali.

Un’altra caratteristica interessante del lupino è il basso contenuto (a volte anche la totale assenza) di fattori antinutrizionali, come fitati, tanini, lectine, inibitori di protease od oligosaccaradi non digeribili, che possono essere presenti in altre specie di legumi.

Proprietà funzionali

Ultimamente sono state condotte svariate ricerche sul lupino, che hanno rivelato diverse proprietà salutistiche (funzionali) di questo legume, tant’è che si sta guadagnando il titolo di “super legume” e viene usato sempre di più nella produzione di alimenti funzionali. Dato che la dieta occidentale si è impoverita di fibre e si mangiano sempre meno legumi, gli alimenti funzionali contenenti questo prezioso legume potrebbero contribuire alla prevenzione delle malattie sviluppatesi in conseguenza allo stile di vita moderno. Riportiamo alcune delle proprietà salutistiche di questo prezioso legume.

Prevenzione dell’obesità – un team di ricercatori australiani ha rilevato che il pane arricchito con la farina di lupino aumenta il senso di sazietà e di conseguenza riduce l’apporto calorico del pasto successivo, grazie all’alto contenuto di proteine e di fibra presenti nel lupino.

Riduzione del colesterolo ed effetto epatoprotettivo – il lupino integrale ed in particolare il suo isolato proteico, in sinergia con altre componenti come le fibre, le saponine ed i fitosteroli, possono ridurre il colesterolo totale ed il colesterolo non HDL; dunque non riducono il colesterolo “buono”, bensì altri tipi di colesterolo. Nella stessa ricerca i semi integrali di lupino e l’isolato proteico del lupino hanno mostrato anche un effetto epatoprotettivo, riducendo l’accumulo dei grassi negli epatociti (cellule del fegato) anche nel caso di diete ricche di colesterolo e di grassi.

Un’altra ricerca del 2004, pubblicata sul Journal of Nutrition, ha confermato l’efficienza delle proteine del lupino nell’abbassamento della colesterolemia grazie all’attività di regolazione dei recettori del colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”).

Riduzione del rischio di comparsa del diabete di tipo 2 – un team internazionale di ricercatori ha dimostrato che una frazione proteica (glicoproteina gamma-conglutina), presente nei semi di lupino, può efficacemente attraversare la barriera intestinale provocando un effetto antidiabetico e glucosio riducente.

Abbassamento della pressione sanguigna ed effetto cardioprotetivo – “Il lupino può abbassare la pressione sanguigna e prevenire le cardiopatie”. Questa è la conclusione della ricerca condotta su un gruppo di persone obese che regolarmente mangiava prodotti da forno arricchiti con la farina integrale di lupino; anche in questo caso il merito va alle proteine ed alla fibra di lupino presenti negli alimenti consumati.

Una dieta ricca di proteine e di fibre provenienti dal lupino può avere un effetto benefico sul funzionamento del sistema cardiovascolare, grazie anche all’abbassamento della risposta insulinica ed alla regolarizzazione della pressione sanguigna, come spiega uno studio pubblicato sull’International Journal of Obesity.

Miglioramento nel funzionamento del colon e prevenzione di tumori al colon – la fibra di lupino può migliorare il funzionamento del colon e prevenire il rischio di tumore. Per ottenere tali benefici, gli autori della ricerca in proposito raccomandano di arricchire l’apporto giornaliero di fibre assumendo almeno 50 g di lupino al giorno.

Farina e semi di lupino

La farina ed i semi secchi di lupino possono essere utilizzati per arricchire l’alimentazione con questo “super legume”

Utilizzo nell’industria alimentare

Grazie all’alto contenuto di proteine, la farina di lupino sta diventando il principale competitore della farina di soia nell’industria alimentare. Viene utilizzata al posto di uova e burro per dare il colore ai prodotti e come emulsionante in sostituzione agli esteri di mono e digliceridi, alla soia ed all’uovo. E’ usata anche come esaltatore di sapidità grazie al suo alto contenuto di acido glutammico, mentre la naturale presenza di antiossidanti nei semi di lupino può prolungare la conservabilità dei prodotti che ne contengono la farina.

Proposte per arricchire l’alimentazione con il lupino

I semi di lupino in salamoia, oltre ad essere consumati come snack insieme ad un aperitivo, possono essere un’ottima fonte di proteine da aggiungere alla vostra merenda, accompagnati da un frutto. Usate i semi secchi per la preparazione di zuppe, come abitualmente fate con gli altri legumi. Il tempo di ammollo necessario  è di 24 ore, mentre per la cottura ne occorrono almeno un paio.

Nei negozi di alimentari e nel reparto alimenti freschi dei supermercati, oramai, c’è l’imbarazzo della scelta riguardo prodotti a base di lupino (hamburger, polpette, cotolette, salse, sughi), che potreste talvolta usare come fonte proteica per il pasto principale.

A chi prepara il pane in casa suggeriamo di aggiungere alla solita miscela di farine anche quella di lupino, in quantità fino al 5%; quantità superiori potrebbero compromettere la buona riuscita del pane in termini di sofficità ma, se preferite un pane più corposo, potreste aggiungerne anche fino al 10%. Grazie al suo sapore tostato, la farina di lupino darà al pane una fragranza gradevole.

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA:

www.nutritiondata.self.com
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www.foodmanufacture.co.uk/Ingredients/Interest-in-the-benefits-of-lupin-grows

 


Inulina-vegetali-contenenti-inulina

Inulina

Una fibra prebiotica biologicamente attiva con varie proprietà funzionali

Inula helenium

Inula helenium, la pianta da cui fu isolata l’inulina

L’inulina è una fibra vegetale, un oligosaccaride che serve alle piante come carboidrato di riserva. Grazie ai peculiari legami tra le molecole di fruttosio che la costituiscono, noi non siamo in grado di digerirla. L’inulina è stata isolata e definita per la prima volta dalla pianta Inula helenium (Enula campana) nel lontanto 1804.

Proprietà prebiotiche dell’inulina

Dato che non siamo in grado di digerirla, l’inulina arriva nell’intestino crasso intatta, dove viene sfruttata molto bene dai microorganismi che colonizzano il colon: in particolare, l’inulina è in grado di favorire selettivamente la crescita della microflora intestinale atta a conferire benefici per la salute ed il benessere dell’ospitante (Bifido batteri e Lattobacilli).

Questo tipo di microflora intestinale è utile per il buon funzionamento del nostro organismo e della vita in genere, e proprio per questo motivo è stata nominata microflora probiotica (cfr. preposizione latina pro=a favore di e sostantivo greco bios=vita). Le sostanze che aiutano la crescita di probiotici, e dunque sono preliminari rispetto al loro sviluppo, sono state nominate prebiotici (dal latino prae= davanti). La combinazione di prebiotici e probiotici, la cui azione è sinergica sulla salute umana, viene definita simbiotica e da tale prerogativa nasce il termine simbiotici (si tratta di una simbiosi nella quale la possibilità di sopravvivenza della carica batterica apportata viene potenziata dalla presenza di substrati di accrescimento selettivi).

I prebiotici del “tipo inulina” vengono chiamati anche  fruttooligosaccaridi (FOS) e oligofruttosio ma, in realtà, si tratta di un gruppo di oligosaccaradi con grado di polimerizzazione (numero di monosaccaridi legati) da due a sessanta. Sono composti da molecole di fruttosio, anche se alcuni possono contenere pure molecole di glucosio.

Altre proprietà benefiche dell’inulina

L’inulina non possiede solo proprietà prebiotiche; nell’organismo può svolgere diverse attività biologiche che si manifestano in due modi:

Alimenti ricchi in inulina e dosaggio

Inulina-verdure-contenenti-inulina

L’inulina estratta dalle verdure si presenta come una polvere bianca

L’inulina si estrae dalle piante (tipicamente dalla radice di cicoria o dall’agave) o si produce per sintesi chimica partendo da una molecole di base, di solito dal saccarosio (lo zucchero comune). E’ abbondante nelle verdure comunemente usate nell’alimentazione, quali la cicoria, i carciofi, gli asparagi, le cipolle, l’aglio, i porri; in media se ne consumano giornalmente fino a 10 g a persona, fatte salve le specifiche abitudini alimentari.

Test tossicologici effettuati su questa sostanza non hanno dimostrato alcuna tossicità ma hanno rilevato che, in alte dosi, può provocare flatulenza e diarrea. Tali dosi variano da persona a persona e dipendono anche dal tipo di verdura da cui proviene l’inulina, ossia da come in genere digeriamo e tolleriamo qualsiasi tipi di fibra alimentare: le persone non sensibili agli effetti collaterali del consumo di inulina tollerano anche quantità superiori ai 30 g al giorno, mentre persone maggiormente sensibili hanno avuto problemi intestinali già con l’assunzione di basse dosi (meno di 10 g di inulina al giorno). 

Qualche consiglio riguardo consumo e conservazione di inulina

Inulina-yogurt

Simbiotico fatto in casa

Se non siete forti consumatori delle verdure contenenti inulina e volete integrare nella vostra alimentazione questa fibra preziosa, vi consigliamo di aggiungere la polvere di inulina nello yogurt per creare un vero simbiotico fatto in casa (l’inulina in polvere si può acquistare in farmacia ed è anche reperibile online). Potete arricchire il vostro apporto quotidiano di inulina anche consumando prodotti con inulina formulati appositamente.

Se decidete di acquistare l’inulina, ricordatevi sempre di chiudere bene il contenitore; altrimenti l’inulina assorbirà l’umidità dall’ambiente (è molto igroscopica!) ed al posto della polvere di inulina potreste trovare un grosso cristallo bianco molto duro. Per lo stesso motivo, quando aggiungete l’inulina nello yogurt o altri liquidi, mescolatela subito in modo che non indurisca. Se pensate di aggiungere altri ingredienti solidi nell’alimento liquido scelto, miscelatela con gli ingredienti solidi prima di aggiungere quelli liquidi. In questo modo si scioglierà uniformemente senza creare i cristalli.

Impiego dell’inulina 

Naturalmente, il primo impiego è quello come fibra prebiotica in varie formulazioni farmaceutiche ed alimentari (simbiotici, formulazioni per i lattanti, alimenti funzionali quali prodotti da forno, pasta, gelato o creme spalmabili formulati specificatamente). Nell’industria alimentare viene usata per arricchire di fibra gli alimenti che non la contengono o ne contengono poca. Dato che ha sapore dolciastro, viene utilizzata anche come dolcificante nei prodotti dietetici al posto dello zucchero e dei dolcificanti artificiali. Viene impiegata anche negli alimenti in cui è stato ridotto il contenuto di grassi al fine di migliorare la struttura del prodotto.

 

BIBLIOGRAFIA:

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  5. Trautwein E.A. e coll.; J. Nutr. 1998, 128: 1937–1943.

lino scuro e dorato

Semi di lino

“Ovunque i semi di lino divengano un cibo comune tra la gente, lì ci sarà una salute migliore”

Queste sono le parole del Mahatma Gandhi che racchiudono perfettamente l’importanza di semi di lino nella nostra alimentazione. La sua affermazione era empirica, basata sulle semplici osservazioni, ma i dati scientifici confermano in pieno le sue parole. 

Tra tutti i semi oleosi, i semi di lino sono quelli che ci offrono più proprietà benefiche per la salute. Sono una buona fonte di fibra, di vitamine B1 e E, di rame, ferro, magnesio, fosforo e selenio, ma ciò che li rende veramente unici e superiori ad altri tipi di semi (oseremmo dire anche ad altri alimenti) è la presenza di acidi grassi omega-3 in alta concentrazione, la presenza di lignani e di mucillagine (fibra solubile o formante gel). Questi tre aspetti nutrizionali fanno dei semi di lino e dell’olio che se ne ricava un importante ingrediente utilizzato sempre di più nella produzione di alimenti funzionali di vario genere (pane, dolci, pasta, margarine non idrogenate), che li arricchiscono di preziosi nutrienti donando proprietà benefiche.

lino scuro e dorato

Nonostante il colore diverso, il lino dorato e scuro hanno le stesse proprietà nutrizionali e salutari

I semi di lino sono la fonte vegetale più ricca di acidi grassi omega-3

In 100 g di lino ci sono ben 22 g di acidi grassi omega-3, corrispondenti a più di 700 % della dosi raccomandata giornaliera di questo nutriente (la dosi raccomandata è di 2 g di ALA, acido alfa-linoleico, e 0.5-1 g di EPA, acido eicosapentaenoico, e DHA, acido docosapentaenoico). Come confronto, il salmone – il pesce più ricco di acidi grassi omega-3 – ne contiene circa 3 g in 100 g.

Il principale acido grasso omega-3 presente (circa il 22 %) è l’acido alfa-linolenico, ALA, un acido grasso essenziale, ovvero un acido grasso che il nostro corpo non può sintetizzare e deve essere apportato con la dieta.  Dopo il consumo di semi di lino aumenta la concentrazione nel sangue anche di altri due acidi grassi omega-3 (sintetizzati nel corpo): acido eicosapentaenoico (EPA) e docosapentaenoico (DPA) (Taylor ed altri, J. Am. Coll. Nutr. 2010).

Un fatto importante è che i processi termici ed i prolungati periodi di stoccaggio della farina di semi di lino (90 giorni) non cambiano significativamente i livelli dell’ALA ((Morais ed altri, Food Nutr. Sci., 2011). Altre ricerche sui prodotti da forno contenenti i semi di lino e sulla pasta contenente la farina di semi di lino, sottoposti a processi termici e meccanici, hanno confermato la stabilità degli acidi grassi provenienti dai semi di lino  (Marpalle ed altri, Food Sci. Tech., 2015Villeneuve ed altri, Food Bioprod. Proc., 2013).

L’acido alfa-linolenico ed altri acidi grassi della serie omega-3 hanno diversi effetti sulla salute umana: possono prevenire un’eccessiva risposta infiammatoria ed in questo modo proteggono i vasi sanguigni e le articolazioni dai danni che ne conseguono, stimolano la circolazione, possono abbassare la pressione sanguigna ed i livelli di colesterolo cattivo (LDL colesterolo). 

Lignani presenti nei semi di lino potenti antiossidanti e antitumorali

I lignani sono polifenoli contenuti nella parte legnosa delle piante (simili a fibra) che appartengono alla classe dei fitoestrogeni (composti simili ad estrogeni – ormoni sessuali femminili). E’ proprio la loro struttura chimica che ne determina le proprietà benefiche: come tutti i polifenoli sono dei potenti antiossidanti e come fitoestrogeni possono proteggere dai tumori, in particolare dal tumore al seno e alla prostata (Singh ed altri, Crit. Rev, Food Sci. Nutr. 2011). I semi di lino sono la fonte alimentare più ricca di lignani – ne contengono 7 volte di più rispetto al sesamo, il secondo alimento più ricco in lignani. I lignani, insieme ad altri polifenoli contenuti nei semi di lino, fanno un totale di polifenoli molto alto, più alto addirittura del contenuto nei mirtilli o nelle olive.

Fibra mucillaginosa dei semi di lino: un alleato dell’intestino

La fibra gommosa, presente nei semi di lino, è solubile nell’acqua e sciogliendosi crea una specie di gel che può contribuire al buon funzionamento del tratto digerente e ad una buona digestione, ma anche alla riduzione del colesterolo e stabilizzazione dei livelli di zucchero nel sangue come è noto in genere per altri tipi di fibra vegetale.

Il gel che si crea quando la fibra dei semi di lino viene sciolta nell’acqua  può prevenire lo svuotamento dello stomaco troppo rapido, il che permette una migliore digestione nello stomaco. Di conseguenza i nutrienti vengono assorbiti più efficacemente nell’intestino tenue. La fibra mucillaginosa dei semi di lino è anche un ottimo rimedio contro la stitichezza; in questo modo contribuisce alla riduzione dell’esposizione del colon ai composti chimici che causano i tumori.

Qualche consiglio utile

Per beneficiare degli effetti descritti, come probabilmente avete capito, sarebbe meglio lasciare in ammollo i semi di lino prima di consumarli (una decina di minuti sarà sufficiente) o bere molta acqua in seguito alla consumazione. Altrimenti la fibra “risucchierà” l’acqua presente nel tratto digerente provocando la stitichezza. Questo vale per tutti i tipi di fibra vegetale: più la si consuma, più bisogna bere acqua.

Un altro valido consiglio è di macinare i semi di lino o di masticarli bene (in alternativa si può usare anche la farina di semi di lino) perché in questo modo migliora la biodisponibilità dei preziosi nutrienti, dato che il nostro organismo non è in grado di “aprire” l’involucro dei semini. Una volta macinati, se non pensate di consumarli entro 2-3 mesi, sarebbe opportuno tenerli in un posto fresco al riparo da fonti di luce (va bene anche nel frigorifero).

APPROFONDIMENTI:

http://whfoods.org/genpage.php?tname=foodspice&dbid=81

 


Il Parmigiano Reggiano

Il Parmigiano Reggiano, l’orgoglio della cultura culinaria italiana, è un “must” che ogni frigorifero che si rispetti deve contenere.

Tranne naturalmente in caso di allergia ai latticini, ma anche in questo caso, forse, non si dovrebbe rinunciare completamente come leggerete più avanti. Prima vediamo perché è così consigliabile farne uso.

Il Parmigiano Reggiano è un formaggio a pasta dura e a lunga stagionatura, il che significa che ha perso molta acqua ed è costituito per ben il 70 % da sostanza secca, composta da vari nutrienti. Per la produzione di un chilogrammo di Parmigiano servono ben 16 litri di latte che, durante vari processi di produzione e stagionatura, vengono concentrati (eliminando la parte acquosa) e questo è il motivo per cui diventa ricchissimo di sostanze nutritive. A questo arricchimento si aggiungono anche i prodotti di reazioni biochimiche che avvengono durante la fermentazione del latte e durante la stagionatura del Parmigiano stesso.

Il Parmigiano Reggiano è ricco di proteine, di vitamine del gruppo B, di vitamina A e di sali minerali, in particolare calcio, fosforo e potassio. Un dato molto interessante è che contiene meno grassi rispetto ad altri formaggi a pasta dura, in quanto prodotto con latte parzialmente scremato, ed è privo di carboidrati, il che risulta molto importante per chi è intollerante al lattosio (un carboidrato presente nel latte).

Durante la stagionatura le reazioni biochimiche guidate dagli enzimi presenti del latte trasformano la caseina (una proteina del latte) in frazioni proteiche più piccole (peptidi) fino alla scomposizione in amino acidi (le unità di base che costruiscono le proteine) e rendono la caseina altamente digeribile. Per questo motivo il Parmigiano è indicato anche per le persone intolleranti alle proteine del latte vaccino, anche se va precisato che per questa trasformazione occorrono almeno 24 mesi di stagionatura.

Parmigiano_Reggiano_molto-stagionato

Nel Parmigiano Reggiano molto stagionato è possibile percepire e vedere i cristalli dell’amino acido tirosina

La presenza di amino acidi liberi può essere addirittura percepita con i nostri sensi: sono i granelli che si vedono e che si sentono sotto i denti quando si mangia un pezzo di Parmigiano Reggiano stagionato. Questi granelli sono dei cristalli formatisi dalla concentrazione in forma libera dell’amino acido tirosina. Pertanto, ognuno di noi è in grado di riconoscere  una buona stagionatura.

I processi di trasformazione che proteine, grassi e carboidrati subiscono durante la stagionatura, oltre a far diventare il Parmigiano più digeribile, gli donano anche il tipico aroma, di cui sono responsabili le molecole sprigionatesi che sono spesso anche volatili. Ed è anche per questo motivo che il Parmigiano, una volta aperta e tagliata la forma, viene messo sottovuoto.

Un altro dato interessante è che nel Parmigiano Reggiano sono presenti gli oligosaccaridi, ovvero le fibre prebiotiche (come l’inulina) in grado di favorire lo sviluppo della microflora intestinale benefica (“flora bifidogena” costituita da Bifidobatteri e Lattobacilli). Queste molecole non esistono nel latte di partenza, usato per la produzione del Parmigiano, bensì si sviluppano durante la maturazione biologica del Parmigiano stesso come conseguenza di processi fermentativi con i batteri lattici, processi che liberano anche gli enzimi responsabili delle trasformazioni di proteine e di grassi. La presenza di fibre prebiotiche e l’assenza di lattosio rende il Parmigiano un alimento utile nella dieta in caso di patologie gastroenteriche, anche per i lattanti, come hanno dimostrato svariate ricerche a partire dagli anni 80 (Olivi et al., 1983; Pancaldi et al., 2008) .

I batteri lattici, naturalmente presenti nell’ambiente, costituiscono la base microbiologica per tutte le trasformazioni biochimiche che avvengono nel formaggio durante la stagionatura: sono specifici per ogni ambiente (aria, acqua e suolo) e di conseguenza strettamente legati saranno sia le reazioni biochimiche che gli aromi sviluppati durante tali trasformazioni. Perciò il Consorzio di produttori del Parmigiano determina la zona di produzione e orienta la scelta di alimentazione delle mucche da latte sui foraggi locali.

Dunque, il Parmigiano Reggiano è un ottimo alimento ma è bene moderarne le quantità consumate, dato che 100g di prodotto contengono 1,6 g di sale e 83 mg di colesterolo (le quantità giornaliere raccomandate sono 5 g per il sale e 300 mg per il colesterolo). Uno spicchio di 20 g di Parmigiano Reggiano al giorno potrebbe essere il giusto compromesso tra beneficio per la salute e piacere nel gustarlo. Oltre che per il pasto principale, ve lo consigliamo anche a metà mattina o a metà pomeriggio accompagnato da un frutto per una merenda ben bilanciata dal punto di vista nutrizionale. Per quanti hanno  problemi con la pressione bassa, a merenda consigliamo 20 g di Parmigiano e mezza banana – il sale del Parmigiano ed il potassio della banana vi aiuteranno più di un caffè!

Parmigiano Reggiano vs Grana Padano

In quest’articolo abbiamo parlato solo del Parmigiano senza fare un accenno al suo principale rivale – il Grana Padano – un’altra eccellenza italiana. Dal punto di vista nutrizionale sono molto simili ma quello che li differenzia sono la zona di produzione, l’alimentazione delle bovine, alcuni procedimenti nel processo di produzione, il periodo di stagionatura e, quello che probabilmente interessa maggiormente un consumatore – il sapore ed il prezzo.

La zona di produzione del Grana è più vasta e comprende Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto. La produzione del Parmigiano è un fiore all’occhiello della regione Emilia Romagna, dove per lo più viene prodotto nelle provincie di Parma, Reggio Emilia, Bologna e Modena. Una parte viene prodotta anche nella provincia lombarda di Mantova.

Le bovine che danno il latte per il Parmigiano possono essere alimentate soltanto con erba cresciuta nella zona di produzione del formaggio. Il disciplinare per la produzione del Grana è meno rigido e per l’alimentazione delle bovine permette l’utilizzo anche degli insilati oltre all’erba.

Per quanto riguarda il processo di produzione, ci sono 4 differenze tra il Grana ed il Parmigiano:

  1. il Grana può essere prodotto con due lavorazioni al giorno mentre il Parmigiano soltanto con una;
  2. il Parmigiano si fa soltanto una volta al giorno con il latte munto la sera prima,  parzialmente scremato e contenente circa il 2,4 % di grasso, cui si aggiunge direttamente quello intero della mungitura del mattino. Il Grana può essere prodotto in due lavorazioni giornaliere per le quali viene utilizzato il latte crudo di due mungiture dello stesso giorno. Il latte per il Grana è un po’ meno grasso e contiene circa il 2 % di grassi;
  3. il Parmigiano è prodotto con il caglio d’origine animale (vitello), mentre per il Grana può essere utilizzato anche il caglio vegetale oppure batterico (il caglio è una miscela di enzimi proteolitici che scindono una parte di caseine – proteine del latte – provocando la coagulazione delle rimanenti caseine che precipitano e formano la cagliata);
  4. nella produzione del Parmigiano è vietato l’uso di conservanti, mentre per il Grana è ammesso l’uso di conservanti e di solito si usa il lisozima (un enzima presente nei tessuti animali dotato di attività battericida).
Stagionatura del Parmigiano

Per la stagionatura del Parmigiano occorrono almeno 12 mesi, mentre il Grana può essere consumato già dopo 9 mesi

La stagionatura del Grana dura meno rispetto a quella del Parmigiano, perché è meno grasso. Il Grana, già dopo 9 mesi, sviluppa le tipiche caratteristiche organolettiche e può arrivare ad una stagionatura di massimo 24 mesi. Per la stagionatura del Parmigiano occorrono almeno 12 mesi e si può arrivare fino a 36 mesi.

Il Parmigiano ha un sapore più deciso e complesso, ricco di sapidità e note erbacee, ed una consistenza più granulosa nel caso di stagionature prolungate (più di 24 mesi). Il Grana ha un gusto più burroso, meno sapido e risulta più fresco e delicato.

Il prezzo varia notevolmente, non solo tra i due tipi di formaggio ma anche tra vari marchi dello stesso tipo di formaggio, che presentano differenze anche nel sapore. Sul sito de Il Fatto Alimentare sono riportati i risultati del test condotto dalla rivista Altroconsumo su 12 marchi di Grana Padano e su 12 marchi di Parmigiano. Il test è stato realizzato per valutare la qualità del formaggio e la bontà del sapore della stessa tipologia di formaggio (Grana o Parmigiano). Dal test risultata che non sempre il prezzo alto garantisce la qualità. I risultati del test suggeriscono anche il miglior acquisto che garantisce una buona qualità ad un prezzo interessante.

 

BIBLIOGRAFIA:

http://www.parmigianoreggiano.it/come/caratteristiche_nutrizionali/default.aspx

Olivi O, Forese S, Balli F, Venuta A, Bondavalli M. Terapia dietetica delle enteriti in età pediatrica (esperienza in 929 casi). Pediatr Med Chir. 1983; 5: 531-5.

Pancaldi M, Mariotti I, Balli F. Intestinal inflammation in nursing infants: different causes and a single treatment…but of protected origin. Acta Biomed. 2008; 79: 144.50.


L’olio di oliva

L’olio di oliva, dono del clima mediterraneo, è il protagonista principale della Dieta Mediterranea, riconosciuta da tante autorità sanitarie come dieta ideale e dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’Umanità

Esistono vari tipi di olio di oliva ma quelli più pregiati sono l’olio di oliva extravergine e vergine, entrambi ottenuti con la sola estrazione meccanica (spremitura), senza utilizzo di solventi e senza raffinazione. La differenza tra i due tipi di olio sta nel diverso contenuto di acidi grassi liberi (c.d. acidità dell’olio): tanto minore ne è la quantità, tanto migliore risulta la qualità. In effetti, per poter essere denominato extravergine, l’olio di oliva deve avere un’acidità inferiore allo 0,8 % mentre nell’olio di oliva vergine, secondo il regolamento europeo Regolamento CE 1989/03, ne è consentita la presenza fino al 2 %. Questa lieve differenza in acidità nasce dal grado di maturazione delle olive da cui sono ottenuti gli oli (meno sono mature, inferiore sarà l’acidità dell’olio, ma anche la resa sarà più bassa), dall’integrità delle olive (ogni danneggiamento dei tessuti provoca la liberazione degli acidi grassi e di conseguenza l’innalzamento dell’acidità dell’olio) e dal tempo trascorso dalla raccolta all’estrazione dell’olio (prima inizia l’estrazione, più bassa sarà l’acidità). Dunque si può dedurre che sarà premiato con il titolo di “extravergine” l’olio di oliva ottenuto dalle olive meno mature, meno danneggiate e lavorate prima possibile. Il tutto, però, a discapito della quantità di olio ricavata.

Lo stadio di maturazione e la composizione degli acidi grassi, compresa la presenza di acidi grassi liberi – ovvero l’acidità dell’olio di oliva -, sono due parametri che si riflettono anche sulle proprietà salutistiche e sull’utilizzo in cucina.

L’olio di oliva extravergine ottenuto dalle olive meno mature, cioè quello ottenuto all’inizio della stagione di produzione dell’olio, è più ricco in polifenoli e di conseguenza possiede proprietà antinfiammatorie più accentuate, come dimostrato dalle ricerche in proposito.

L'olio di oliva

L’olio di oliva – unico alimento a cui sono state riconosciute ufficialmente le proprietà antiossidanti

Inoltre, i polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo, un’indicazione sulla salute (health claim) che è stata riconosciuta dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (cfr. Reg UE 432/2012). In altre parole, ai polifenoli dell’olio di oliva sono state riconosciute proprietà antiossidanti e per adesso sono gli unici polifenoli studiati sufficientemente da poter soddisfare i rigidi criteri dell’EFSA, necessari per giustificare le proprietà salutistiche dichiarate. Lo stesso status non è stato ancora riconosciuto ai polifenoli presenti in altri alimenti, come ad esempio nel vino rosso, nella frutta o nella verdura. Questa indicazione può essere impiegata solo per l’olio di oliva che contiene almeno 5 mg di idrossitirosolo e suoi derivati (ad esempio, complesso oleuropeina e tirosolo) ogni 20 g di olio d’oliva, e va accompagnata dall’informazione per il consumatore che l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 20 g di olio d’oliva.

L’olio di oliva ha una composizione di acidi grassi molto interessante dal punto di vista nutrizionale e culinario; è composto per il 70-80 % di acidi grassi monoinsaturi, per il 10-15 % di acidi grassi saturi e per il 10 % circa di acidi grassi polinsaturi, diversamente da altri oli che arrivano al massimo al 60 % di acidi grassi monoinsaturi ed hanno più alte percentuali di acidi grassi saturi (poco salutari) e di acidi grassi polinsaturi (salutari ma instabili ad alte temperature).

Perché sono importanti gli acidi grassi monoinsaturi?

Per quanto riguarda l’effetto benefico sulla nostra salute, è stato dimostrato che gli acidi grassi monoinsaturi – ed in particolare l’acido oleico presente appunto nell’olio d’oliva – abbassano significativamente il livello totale di colesterolo nel sangue, il livello di lipoproteine a bassa densità (LDL), ovvero il colesterolo “cattivo”, ed il rapporto tra le lipoproteine a bassa e ad alta densità (HDL), ovvero il rapporto tra il colesterolo “cattivo” e “buono”. Recentemente, per la prima volta, l’acido oleico dell’olio di oliva è stato collegato anche con l’abbassamento della pressione sanguigna.

Gli acidi grassi monoinsaturi sono resistenti alle alte temperature e se nell’olio di oliva non sono presenti gli acidi grassi liberi, come nel caso di un buon extravergine, può essere utilizzato nella cottura dei cibi e perfino per le fritture. L’olio di oliva extravergine ha il punto di fumo (la temperatura alla quale l’olio riscaldato inizia a bruciare ed essere dannoso) tra i 160°C ed i 240°C, il che corrisponde al punto di fumo di altri oli/grassi principalmente utilizzati per la frittura, quali l’olio di palma e lo strutto, maggiormente composti da acidi grassi saturi stabili ad alte temperature ma non molto desiderati nell’alimentazione.

Quando consumate l’olio di oliva ricordatevi, però, che è un alimento ad alto contenuto di grassi (99 %) ed è quindi molto calorico. Perciò limitatene il consumo ad 1-2 cucchiai per pasto a persona, che saranno più che sufficienti sia per condire le vostre pietanze, sia per godere del gusto e delle proprietà salutistiche dell’olio di oliva, come si ritrova anche nell’indicazione dell’EFSA riguardo le proprietà antiossidanti dei polifenoli nell’olio di oliva: “l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 20 g di olio d’oliva.”


Funghi champignon tagliati a rondelle

I funghi champignon

Il famoso fungo “champignon” (Agaricus bisporus), fungo coltivato per eccellenza, appartiene alla numerosissima specie Agaricus Spp. insieme ad altri ben noti funghi come porcini, gallinacci, cardoncelli e chiodini. A differenza di quanto si pensa, questi funghi hanno proprietà benefiche per la salute paragonabili  a quelle dei loro equivalenti esotici (Shiitake e Maitake ad esempio), così di moda di questi tempi.

Funghi Champignon

Possono dare un buon supporto al sistema immunitario grazie alla presenza di alcuni principi con proprietà antibatteriche e antivirali; i loro polisaccaridi specifici possono attenuare gli stati infiammatori e la risposta immunologica interagendo con il microbiota intestinale; ci possono proteggere dalle malattie cardiovascolari e possono ridurre l’incidenza di tumori ormono-dipendenti al seno.

I funghi sono una eccellente fonte di rame, selenio, fosforo e vitamine B2 (riboflavina), B3 (niacina) e B5 (acido pantotenico); hanno un contenuto molto buono di potassio, zinco, manganese e vitamina B1 (tiamina) e contengono piccole quantità di vitamine B6 (piridossina), B9 (acido folico), B7 (colina) e B12 (cobalamina). Nonostante il contenuto di vitamina B12 sia basso, la sua biodisponibiltà è molto alta poiché la forma è molto simile a quella della vitamina B12 presente nella carne, un dato di fatto molto importante per i vegani. I funghi sono una fonte di ergosterolo, il quale viene convertito in vitamina D2 durante l’esposizione ai raggi solari. Un altro dato che fa eccellere i funghi è la presenza di ergotioneina, un amminoacido solforato presente ancora soltanto nei reni, nel fegato, nei fagioli, nella crusca d’avena ed in alcuni batteri.

I funghi hanno un moderato contenuto di proteine e sono quasi privi di grassi e carboidrati. Grazie a queste proprietà ed al potere saziante sono un ottimo alleato di chi sta a dieta. Inoltre, i pochi grassi presenti sono prevalentemente composti dall’acido linoleico coniugato, un acido grasso omega-6 normalmente presente solo negli alimenti d’origine animale e nei legumi.

Ecco a voi anche qualche curiosità legata ai funghi ed alcuni consigli per la conservazione.

Secondo la classificazione scientifica non appartengono né al regno vegetale, né a quello animale bensì rientrano in una classificazione propria – il regno dei funghi – a cui appartengono anche funghi microscopici come lieviti e muffe. Oltre al lievito di birra o alle muffe del formaggio Gorgonzola, già ben noti in ambito gastronomico, un importante membro di questo regno è il lievito Penicillium notatum, dal quale Alexander Fleming isolò la penicillina nel 1928.

I funghi contengono una fibra  indigeribile (la chitina) che li può rendere indigesti, soprattutto ai bambini piccoli. Possono assorbire dal suolo i metalli pesanti e la radioattività: perciò è bene conoscerne la zona di provenienza o usare quelli coltivati.

Per non perderne i benefici principi è meglio conservarli in frigo (3-4 °C) e non cuocerli troppo – massimo 7 minuti (così non si perderà nemmeno il prezioso aroma).

 

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA:

http://www.natureword.com/properties-and-benefits-of-mushrooms/

http://whfoods.org/genpage.php?tname=foodspice&dbid=97

Feeney et al. Mushrooms and Health Summit Proceedings, J. Nutrition, 2014, 144(7), 1128S-1136S.  (http://jn.nutrition.org/content/144/7/1128S.full)

 


Noci: uno degli alimenti più salutari che esistano!

Le noci

Sulle noci si potrebbe scrivere a lungo, perciò ci limiteremo a dire le cose essenziali e quelle meno note su questo alimento. Il noce è un albero appartenente alla famiglia delle Juglandaceae ed al genere Juglans: i suoi frutti, le noci appunto, sono uno degli alimenti più salutari che esistano. In particolare sono un’arma potente contro le malattie cardiovascolari e contro i disturbi mentali, come la demenza, il morbo di Alzheimer, la depressione e l’irritabilità.

 

Noci: uno degli alimenti più salutari che esistano.

Noci: uno degli alimenti più salutari che        esistano.

Sono già ben note tante delle loro proprietà benefiche, quali l’alto contenuto di proteine (addirittura 24g su 100g di noci secche sgusciate!), di acidi grassi omega-3 e di vitamina E. Negli ultimi anni le ricerche si sono concentrate su particolari sostanze – nutraceutici – tipiche di questa specie e con proprietà benefiche per la salute. Così sono stati trovati nelle noci il chinone juglone (o iuglone, nucina, regianina), il tannino telimagrandina o il flavonolo morina, fitochimici con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, che spiegano la diminuzione di alcuni tipi di tumori (come il tumore alla prostata o al seno) in relazione al consumo di noci.

Un’altra particolarità delle noci è la presenza dell’amino acido arginina, che ha un ruolo molto importante nella disintossicazione dell’organismo, eliminando l’ammoniaca in eccesso che si crea durante un allenamento fisico intenso. L’arginina stimola inoltre la produzione dei linfociti T (un importante gruppo di globuli bianchi) ed aiuta a mantenere l’elasticità dei vasi sanguigni.

30 g di gherigli di noce al giorno: effetto benefico assicurato!

30 g di gherigli di noce al giorno: effetto benefico assicurato!

La vitamina E (tocoferolo) presente nelle noci mostra un’alta percentuale della forma gamma (a differenza di altri alimenti, dove la forma prevalente è alfa-tocoferolo) la quale si è stata dimostrata più attiva come cardioprotettore, soprattutto negli uomini.

Oltre a nutrienti e nutraceutici già citati, le noci sono un’ottima fonte di folati (vit. B9), piridossina (vit. B6), tiamina (vit. B1), rame, ferro, manganese, magnesio, fosforo e zinco, e sono una buona fonte di niacina (vit. B3), riboflavina (vit. B2), potassio, calcio, selenio e anche di fibra.

La bella notizia è che l’effetto benefico, per quanto riguarda il contenuto sia di nutrienti che di nutraceutici, si ottiene già con soltanto 30 g di gherigli, da consumare però tutti i giorni.

 

SITOGRAFIA

http://www.nutrition-and-you.com/walnuts.html

http://www.whfoods.com/genpage.php?tname=foodspice&dbid=99

 

 

 


Rucola

La rucola

La rucola (Eruca sativa) è una pianta della famiglia delle Brassicaceae (o crucifere), a cui appartengono anche broccoli, cavolfiori, cavoli e senape. Oltre alle foglie possono essere consumati anche la radice, i fiori ed i semi. Dai semi viene ottenuto un olio che si è dimostrato un valido aiuto nel contrastare lo stress ossidativo provocato dal diabete mellito. La rucola comune non va confusa con la rughetta selvatica (Diplotaxis tenuifolia), una pianta spontanea perenne di aspetto e sapore simili.

 

La rucola: gastroprotettore ed antiulcera naturale

La rucola: gastroprotettore ed antiulcera naturale

 

Come quasi tutte le verdure, la rucola contiene pochi carboidrati, è quasi priva di grassi, il suo contenuto di proteine è modesto ma anche la quantità di fibra è piuttosto bassa. E’ sorprendente, invece, la rilevante quantità di vitamine e sali minerali presente in questa minuscola pianta: 100 g di rucola contengono il 24 % della dose giornaliera raccomandata (RDA) di folati (acido folico o vitamina B9), il 25 % di vitamina C, il 79 % di vitamina A e addirittura il 90 % di vitamina K! Possiede inoltre un buon contenuto di altre vitamine del gruppo B e di vitamina E.

Anche i sali minerali sono presenti in discrete quantità: spiccano il calcio (16 % RDA), il ferro (18 % RDA), il magnesio (12 % RDA) ed il manganese (14 % RDA) mentre il fosforo, il rame e lo zinco presenti in 100 g di rucola soddisfano meno del 10 % della RDA. La presenza di vitamina C e di ferro nello stesso alimento fa sì che il ferro sia assimilato più facilmente. Nei tempi passati, grazie all’elevato contenuto di vitamina C, si usava la rucola anche come rimedio per lo scorbuto.

A questa pianta non mancano nemmeno i fitonutrientio nutraceutici –  tra cui risultano particolarmente interessanti i glucosinolati, che degradandosi creano dei principi biologicamente attivi (isotiocianati, sulforafano) con proprietà antitumorali. Un altro glucosinolato presente nella rucola è la glucoerucina, che ha proprietà antiossidanti. Al potere antiossidante della rucola contribuiscono anche le vitamine A e C, i carotenoidi ed i flavonoidi (classe di polifenoli). L’attività antiossidante insieme ad altre proprietà, quali l’inibizione della secrezione gastrica e proprietà antinfiammatorie, fanno della rucola un gastroprotettore e antiulcera naturale.

 

 

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA

El-Missiry e El Gindy A.M. Amelioration of Alloxan Induced Diabetes mellitus and Oxidative Stress in Rats by Oil of Eruca sativa Seeds. Ann. Nutr. Metab. 2000; 44:97–100

Barillari et al. Direct Antioxidant Activity of Purified Glucoerucin, the Dietary Secondary Metabolite Contained in Rocket (Eruca sativa Mill.) Seeds and Sprouts. J. Agric. Food Chem., 2005, 53 (7), pp 2475–2482.

https://it.wikipedia.org/wiki/Diplotaxis_tenuifolia

http://www.nutrition-and-you.com/arugula.html

 

 


Carciofo

I carciofi

I carciofi, ortaggio mediterraneo che troviamo in autunno e primavera, sono in realtà piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Asteraceae, genere Cynara e specie cardunculus. Esistono vari tipi di carciofi che si distinguono per colore, forma, provenienza e caratteristiche organolettiche ma sono tutti membri della subspecie Cynara cardunculus scolymus. La parte della pianta che consumiamo è l’infiorescenza con il gambo, raccolta prima che si sviluppino i fiori e induriscano i petali esterni (erroneamente chiamati ”foglie”!), il che altererebbe le caratteristiche organolettiche e culinarie.

Infiorescenza e gambo del carciofo mondati

Infiorescenza e gambo del carciofo mondati

Nel profilo nutrizionale spiccano le vitamine B9 (acido folico), C e K, il rame, il ferro, il magnesio ed il fosforo, presenti in notevoli quantità. Ulteriori vitamine e sali minerali presenti in minori quantità sono: altre vitamine del gruppo B, le vitamine A ed E, sodio, potassio, calcio, selenio e zinco. I carciofi sono una buona fonte di fibre, in particolare di quelle prebiotiche (come l’inulina), che stimolano la crescita dei probiotici nell’intestino, aiutano lo svuotamento del colon e di conseguenza contribuiscono alla prevenzione del tumore che può colpire questo organo.

Tenete sempre presente che i cibi ricchi di fibra moderano la risposta insulinica (hanno un basso indice glicemico), danno  un senso di sazietà più duraturo evitando gli attacchi di fame e si legano con i grassi prevenendo il loro assorbimento a livello intestinale – tre fatti molto importanti  per mantenersi in forma!

Carciofo tagliato a metà

Carciofo in sezione, tagliato a metà.

Altre proprietà salutistiche dei carciofi riguardano principalmente il loro potere epatoprotettivo, dovuto alla presenza di cinarina, lattoni sesquiterpenici e silimarina. La cinarina ed i lattoni sesquiterpenici, principi amari contenuti nei carciofi, possono inibire la biosintesi del colesterolo e aumentare la sua secrezione nella bile, riducendo così il livello totale di colesterolo nel sangue; aumentano inoltre anche la secrezione della bile stessa, contribuendo in questo modo ad una migliore digestione dei grassi. Invece la silimarina, un flavonoide con proprietà antiossidanti, promuove la rigenerazione delle cellule epatiche, contrasta gli effetti epatotossici e possiede anche proprietà antitumorali. Insieme ai polifenoli ed alla vitamina C contribuisce all’attività antiossidante totale dei carciofi che, secondo una ricerca del 2005 condotta su vari tipi di verdure tra quelle comunemente più consumate, si sono collocati al primo posto per quanto riguarda tale attività.

 

 

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Cynara_cardunculus

http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/carciofi.html

http://jpet.aspetjournals.org/content/286/3/1122.short